La cruda realtà delle donne giraffa a Chiang Mai in Thailandia: quello che non tutti ti raccontano prima della visita.

Descrivere un viaggio in Thailandia non è facile.

Cammini per quelle strade ed un vortice ti travolge, vivi quei luoghi, quella gente, quelle situazioni, è difficile elaborare conclusioni quando troçlkhwppi stimoli ti sollecitano la psiche.

Poi, a mente lucida, metti in ordine i tuoi pensieri, elabori, rifletti.

Quando torni a casa non sei più lo stesso, le emozioni si raggomitolano, rivedi le scene che hai vissuto, i volti, i luoghi come la pellicola di un film che si riavvolge. E lì, da un’altra prospettiva, magari hai anche più tempo per pensare, per far mente locale.

Durante il mio viaggio itinerante in Thailandia ho vissuto diverse realtà. Dalla magica Bangkok al mare divino del Mar delle Andamane, dalle isole sperdute alle isole che son rinate dopo un tremendo terremoto, dalle fitte foreste del Nord Thailandia ai villaggi che spacciano per local ma che in realtà di local non hanno niente. Proprio niente.

Ed è proprio di questo che voglio parlarvi in questo articolo.

Prima di partire per la Thailandia mi ero fatta affascinare da alcune fotografie viste sul web di alcune donne con degli anelli di ottone al collo, che vivono nel Nord della Thailandia in un villaggio di capanne. Ero così entusiasta di andare a scoprire di persona la loro realtà e le loro tradizioni.

Peccato che una volta arrivata lì ho scoperto l’amara verità, e, tornando indietro, non avrei mai scelto di alimentare un turismo del genere, un turismo finto e mirato al solo fine di lucro.

La cruda realtà delle donne giraffa in Thailandia
La cruda realtà delle donne giraffa in Thailandia
La cruda realtà delle donne giraffa in Thailandia

Le donne giraffa in Thailandia: la triste storia di un esodo.

Ho spesso ripensato all’amaro destino che ha serbato la vita a queste donne, in cerca soltanto di una via di salvezza più dignitosa e meno costretta. Ma pur sempre empirica. Un’utopia.

Molti di voi le conosceranno già: si tratta dell’etnia Karen, o più comunemente delle famose donne giraffa -o long neck woman-, presenti in Thailandia in prossimità di Chiang Mai.

Le donne giraffa sono così chiamate perché sin dall’età di cinque anni indossano degli anelli di ottone intorno al collo che aumentano di numero e di peso col passare del tempo. Ci sono diverse filosofie di pensiero circa gli anelli, alcune affermano che siano elemento di bellezza per le donne, altre, che soltanto alcune donne possono indossarli, ad esempio le nate di luna piena o di mercoledì.

Anelli che diventano croce e delizia, per loro, una gabbia, ma pur sempre l’unica via per la sopravvivenza: con l’aumento progressivo di questi, le clavicole si abbassano, le vertebre si schiacciano, i muscoli del collo diventano così lassi da non reggere più il peso della testa.

Pensate che una delle pene previste per l’adulterio è proprio la rimozione degli anelli e la condanna di una vita “in orizzontale”, cioè a letto. Ma finché è tradizione, va anche bene.

Alcune donne scelgono volontariamente di indossare gli anelli anche alle ginocchia e alle caviglie.

Il fatto è che queste donne, spacciate come etnia thailandese local, di thailandese non hanno proprio niente. Se non la fisionomia, e la filosofia di vita, Mai Pen Rai.

La cruda realtà delle donne giraffa in Thailandia
La cruda realtà delle donne giraffa in Thailandia

Per il resto, sappiatelo. Si tratta di rimasugli di un vero e proprio esodo di massa avvenuto una decina d’anni fa in Birmania, dove i disordini interni hanno portato l’esercito birmano a terrorizzare e soggiogare l’etnia Karen per distruggerne cultura ed identità, perpetrando stupri di massa, lavori forzati, detenzioni.

Scappate in Thailandia, diventate apolidi, il governo ha concesso loro dei pezzetti di terra in cui poter (soprav)vivere semplicemente vendendosi ai turisti come attrazione. E le vedi lì, sorriderti, immobili a vivere passivamente dinanzi alla loro bancarella di oggetti il cui guadagno è proprietà del governo thailandese. Senza poter minimamente azzardarsi ad uscire dal confine.

Prigioniere libere. Un ossimoro.

Ai tempi del mio viaggio in Thailandia, sono entrata in quelle capanne, mi sono sporcata le scarpe di fango, ho cullato un piccolo Karen su un’amaca, intonato qualche parola insieme ad una donna che suonava nella sua solitudine. Dispensato caramelle alle bambine, quelle stesse bambine per cui poi ho pianto, immaginandole più grandi, ergo più consapevoli e purtroppo più tristi, ardenti di una agognata e negata libertà.

Alimentereste mai un turismo del genere? Un turismo fatto di finzione, di libertà negata, di costrizione.

Io, no. Non lo sceglierei più.

La cruda realtà delle donne giraffa in Thailandia

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Buon viaggio in Thailandia!

Liz

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Autore

Liz, cuore zingaro, anima zen. Travel content creator, web writer, SMM. Vagabondo nel Mondo, racconto luoghi e itinerari, ma racconto anche le mie radici, la mia Puglia, che amo. Viaggio con il mio compagno Marcello ed i piccoli India, Tiago e Ambra, i nostri figli. Credo fortemente che il viaggio e la natura siano per loro la migliore scuola senza mura in assoluto. Siamo wild & eco-friendly!

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